Elevata Concezione

Pietra. Carta. Luce.

Sempre più luoghi raggiunti. Sempre più persone coinvolte. Un numero di attività che va incrementandosi giorno dopo giorno. Ma a quale scopo?

Quando, ancora studente del Liceo, esposi nella prima personale Conversazioni disegnate il fine del mio lavoro non era poi così differente: crescere. 

Con Indagine sull’Ombra ho ripreso in mano il controllo, l’analisi e la ricerca del colore. Poi è arrivato Universo Instabile che ha letteralmente cambiato ogni cosa. Dopodiché Ambidexter - L’evoluzione dello spazio/tempo mi ha insegnato geometrie nuove. Nuovi modi per raggiungerle. La sperimentazione ha poi dato vita a Poliedro, dove il tratto da semplice materia si è fatto spessore, uno spessore che ha poi irrorato My Art is Female.

Dentro al petto però, nel profondo del mio essere più introspettivo e meno esibizionista, un filo rosso ha guidato in tutti questi anni il mio lavoro. La mia vita stessa. Uno stimolo che ha atteso paziente il momento di esordire in tutta la sua forza, accontentandosi, di tanto in tanto, di affacciarsi attraverso l’accenno sporadico quando in un’opera quando nell’altra.

C’era un tipo di storia che sentivo il bisogno di raccontare attraverso la mia poetica visiva. Quel tipo di storia che mi ha accompagnato per tutta la vita.

Storie di donne e uomini prima che divinità. Storie di reazioni umane di fronte a eventi di incalcolabile luminosità. Elevata Concezione mi ha dato modo di raccontarne alcune.

 

Una serie impregnata di una spiritualità tutta mia, fatta di contrasti e passioni e dolore e amore. Tanto amore. Una serie che porta il colore accogliente della pietra leccese in cui in gran parte è ‘incisa’.

 

Ho raggiunto il Salento per la prima volta da bambino e da quel momento vi ho fatto ritorno ogni anno. Era quindi questo il teatro perfetto per la costruzione di un progetto tanto importante. Ma a quale scopo? La bellezza. La mia ossessione. Io cerco la bellezza. La bellezza è luce e io ne sono affamato. La bellezza della semplicità o la bellezza del più articolato caos. Un caos che veste l’istinto per mascherare la fitta rete della mia matematica visiva. 

La bellezza che fa da solvente alla macchia nera della mediocrità. La bellezza che divora scribi e Farisei ipocriti, imbiancando di bianco vero il finto splendore degli ‘imbiancati sepolcri’: «Essi all'esterno son belli a vedersi, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni putridume. Così anche voi apparite giusti all'esterno davanti agli uomini, ma dentro siete pieni d'ipocrisia e d'iniquità».*  Siamo tutti pieni di ipocrisia e iniquità, ma l’arte ripulisce ogni cosa livellando e pareggiando in modo sacrale.

 

La mia carriera si sta fondando sulla dicotomia fra soddisfazione e appiattimento. Tanto quanto da un lato il lavoro che faccio viene riconosciuto, valorizzato e spinto oltre in funzione del nome che lo firma, quanto, dall’altro, il mio apporto, specialmente in ambito commerciale di design e comunicazione, viene dato per scontato, subordinato e, non di rado, la mia firma persino nascosta. Poi ci sono ‘gli esperti’ che guardano dall’alto in modo quasi compassionevole i miei ‘stupidi omini’ e tutto quello che sta accadendo. Proprio a costoro io devo il mio ringraziamento primo. A chi si adopera in tal senso tentando di tenermi a bada, cercando invano di tirare le briglie, io rendo omaggio almeno quanto a chi segue e apprezza ciò che faccio. 

«Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito».**

 

Francesco Zavattari - 2015

 

* Matteo 23, 27-28  ** Matteo 23, 4